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Fototrappolaggio e caccia: tecnologia, applicazioni e guida

Il fototrappolaggio, noto anche come camera trapping, è una tecnica di monitoraggio della fauna selvatica che si avvale di telecamere digitali attivate da sensori di movimento o calore (PIR) per rilevare la presenza di animali nel loro habitat naturale. Utilizzato inizialmente in ambito accademico ed ecologico, il fototrappolaggio è oggi largamente impiegato anche da cacciatori professionisti e appassionati per promuovere una caccia sostenibile e scientificamente informata.

Questa tecnologia consente di raccogliere dati etologici, demografici e spaziali sugli ungulati e su altre specie cacciabili, permettendo di programmare l'attività venatoria in modo più etico, selettivo e coerente con i principi della gestione faunistica adattativa.


Posizionamento di una fototrappola su un albero. Foto di furkanvari
Posizionamento di una fototrappola su un albero. Foto di furkanvari

Un approccio basato sui dati


A differenza delle osservazioni dirette sul campo, il fototrappolaggio offre una documentazione visiva oggettiva e costante, minimizzando il rischio di errori percettivi e fornendo una base scientificamente valida per il monitoraggio faunistico. Si tratta di una metodologia che non altera il comportamento naturale degli animali, adatta a rilevare con precisione la densità di popolazione, la composizione in classi di sesso ed età, i comportamenti etologici ricorrenti e le aree di utilizzo stagionale del territorio.


Oltre il calendario venatorio: decisioni informate


Sebbene il calendario venatorio stabilisca tempi e specie cacciabili secondo criteri normativi e stagionali, le condizioni ecologiche locali possono variare notevolmente. Il fototrappolaggio permette quindi di affiancare alla regolamentazione normativa una valutazione concreta e dinamica della situazione faunistica effettiva. Ad esempio, se una fototrappola rileva un’anomala presenza di femmine gravide o con piccoli durante il periodo autorizzato alla caccia, il cacciatore potrà scegliere volontariamente di evitare l’abbattimento, anche se formalmente consentito. In altri casi, come in presenza di sovrappopolazioni documentate (ad esempio cinghiali), i dati delle fototrappole possono supportare richieste di piani di controllo straordinari in base all’articolo 19 della Legge 157/1992.

Questi dati visivi permettono inoltre ai cacciatori di rafforzare le richieste rivolte agli Ambiti Territoriali di Caccia (ATC) o alle zone cacciabili in generale, motivando la revisione delle quote di abbattimento o l’adattamento dei piani selettivi sulla base di prove reali, e di collaborare attivamente con i tecnici faunistici per redigere piani di gestione che si discostino da approcci standardizzati, privilegiando un’impostazione territoriale specifica. Il risultato è una caccia più mirata, selettiva e conforme ai principi della gestione sostenibile.


Legge 157/1992 – Protezione della fauna e regolamentazione della caccia


La legge quadro sulla caccia in Italia, ovvero la Legge 157/1992, stabilisce che la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato e che ogni attività venatoria deve avvenire nel rispetto dei principi di conservazione e sostenibilità. L’uso delle fototrappole risulta coerente con tali principi, soprattutto se impiegato per finalità di censimento faunistico, gestione del territorio agro-silvo-pastorale o prevenzione dei danni causati dalla fauna selvatica. 🔗 Legge 157/1992 - Testo ufficiale


Inoltre, la Legge 157/1992 vieta l'uso di apparecchiature elettroniche per la localizzazione a distanza della fauna selvatica a fini venatori. Di conseguenza, le fototrappole non devono essere utilizzate per guidare direttamente l'attività di caccia, ma esclusivamente per scopi di monitoraggio e studio della fauna .


Privacy e trattamento dei dati

Dal punto di vista giuridico, le fototrappole devono rispettare la normativa in materia di tutela dei dati personali, in particolare il D.lgs. 196/2003 (Codice della Privacy) e il Regolamento UE 2016/679 (GDPR). È quindi obbligatorio segnalare in modo visibile la presenza dei dispositivi attraverso cartelli informativi, limitare l’angolo di ripresa per evitare aree accessibili al pubblico e proteggere i dati raccolti da accessi non autorizzati.🔗 Codice Privacy🔗 Regolamento GDPR


È importante tenere conto che le Regioni, le Province e gli ATC possono imporre regolamenti specifici sull’uso di fototrappole, specialmente in zone di protezione speciale (ZPS), aree protette, o zone di ripopolamento e cattura. Per questo motivo è buona prassi comunicare preventivamente agli enti gestori la volontà di installare una fototrappola, indicando motivazione, posizione, e durata dell’attività.


Guida tecnica al fototrappolaggio


Scelta e posizionamento


La scelta del luogo di installazione è cruciale per il successo del fototrappolaggio. I siti più produttivi sono spesso individuabili attraverso l’osservazione di tracce, segni odorosi o percorsi abituali della fauna. Ottimi risultati si ottengono nei pressi di sentieri faunistici, pozze d’acqua, passaggi obbligati come varchi in recinzioni, o in zone di alimentazione come vecchi frutteti. La fototrappola va collocata a un’altezza di circa 30–60 cm dal suolo, orientata a nord-est per evitare il controluce, e leggermente inclinata verso il basso.


Impostazioni operative


Per quanto riguarda la configurazione tecnica, si consigliano dispositivi con una risoluzione fotografica di almeno 16 megapixel e una registrazione video in Full HD 1080p con durata compresa tra 15 e 30 secondi. Il tempo di attivazione (trigger time) dovrebbe essere inferiore a 0,5 secondi. Di notte, è preferibile l’uso di LED infrarossi invisibili (940 nm), per non disturbare la fauna. L’alimentazione può essere garantita da batterie ricaricabili tipo AA abbinate a pannelli solari, mentre la memoria ottimale è garantita da schede SD tra 32 e 64 GB.


Il controllo dei dispositivi dovrebbe avvenire ogni due o quattro settimane, salvo nei modelli dotati di invio remoto tramite GSM (non utilizzabili in ambito venatorio). È fondamentale non modificare l’ambiente attorno alla fototrappola e non utilizzare esche, così da evitare alterazioni del comportamento animale.


Esempio di video notturno che riprende un capriolo. Video di Redazione

Rilevanza scientifica e collaborazione con la ricerca


Numerosi studi dimostrano che il fototrappolaggio fornisce dati preziosi per il modellamento delle popolazioni animali, contribuendo al monitoraggio della biodiversità, alla sorveglianza delle specie elusive e alla valutazione dell’impatto ambientale. Viene spesso utilizzato per calcolare indici di abbondanza relativi (RAI) e per stimare le probabilità di presenza tramite modelli di occupazione. I dati raccolti dai cacciatori possono integrarsi con quelli prodotti da università ed enti di ricerca, favorendo una gestione faunistica realmente basata sulla scienza.


Il fototrappolaggio rappresenta oggi uno strumento chiave per promuovere una caccia sostenibile, poiché consente di raccogliere informazioni dettagliate e affidabili, favorendo scelte più etiche e consapevoli. Integrando tecnologie avanzate con il rispetto della normativa e l’osservazione scientifica, il cacciatore moderno può trasformarsi in un vero custode della biodiversità, capace di conciliare attività venatoria e conservazione ambientale.

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